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4 aprile 2006. Cent’anni dell’eruzione del Vesuvio

Scritto da Andrea Tafuro

Dopo tanti anni vivo quell’esperienza come chi si unisce alla natura carnalmente, senza mediazioni.

“Da quest’ altezza vedo benissimo le tre correnti laviche (Boscotrecase; esse, spuntando a metà strada tra il principio del cono centrale e le basi del monte, si dividono in tre rivi. Di qui sembrano rigagnoletti. Uno va verso Bosco, e si divide in due alla Casa Vitelli; l’altro va a fermarsi in direzione di Torre Annunziata; il terzo si perde nella nebbia verso Terzigno. I boati diminuiscono a mano a mano che scendo al piano: il pino e il cratere, prima così netti si sfumano lentamente. Ora siamo in terreno sicuro; si respira. Ossia, noi si respira, poichè il grave odore nitroso che sale da Boscotrecase che prende alla gola.”
Descrive così Il corrispondente del Mattino (7-8 aprile), da Casa Bìanca, lo stato delle correnti laviche, e la fenomenologia vulcanica di quel giorno.

Quella del 1906 è stata indubbiamente l’eruzione più violenta del Vesuvio nel ‘900. Ebbe inizio il 4 aprile 1906 con l’emissione di lava da una frattura a SE a quasi 1.200 m di quota. Questa frattura si propagò poi verso il basso fermandosi con l’apertura di una bocca eruttiva a quota 800 m. Il giorno 6 si aprì un’altra bocca nei Cognoli di Bosco, con una colata lavica diretta verso SE.
Nella notte del 7 una fenditura si aprì a quota 770 m. nel burrone della Cupaccia, con emissione di lava molto fluida che, diretta verso Terzigno, raggiunse quota 200 m. Nella notte del giorno successivo si registrò la massima intensità delle esplosioni, e si verificò un forte terremoto associato allo sprofondamento della parte superiore del cono.
L’eruzione terminò nei giorni successivi con l’emissione di ceneri finissime. Dopo l’eruzione il vulcano passò da 1.335 m di altezza ad un minimo di 1.100 m. I depositi da caduta si dispersero principalmente verso E-NE, interessando prevalentemente Ottaviano e S. Giuseppe Vesuviano.
L’accumulo del materiale piroclastico depositatosi provocò crolli e distruzioni a S. Giuseppe ed Ottaviano, con 216 morti e 112 feriti. Nella stessa Napoli si contarono 11 morti e 30 feriti per il crollo della tettoia del mercato di Monteoliveto, nell’attuale Piazza Carità.


Tutti hanno disquisito sul Vesuvio, trattando il tema da tutti i punti di vista (filosofico, geologico, antropologico, sociologico ecc. ecc.). Mi piace citare a questo punto cosa ne pensava e cosa vedeva de Chateubriand:

“…Eccomi in vetta al Vesuvio. Scrivo seduto sulla sua bocca e son pronto a discendere in fondo al cratere. Il sole, di quando in quando, sprizza, traverso il velo di vapori che accerchia la montagna. Questi vapori mi nascondono uno dei paesaggi più belli della terra e servono a raddoppiare l’orrore del luogo. Il Vesuvio, che le nubi separano dagli incantevoli paesi sorgenti alla sua base, sembra così posto nel deserto più profondo; né lo spettacolo di una fiorente città toglie forza a codesta sensazione terrifica”.
F.R. de Chateubriand – Viaggio in Italia (1803-1804)

La sua visione avveniva antecedentemente al 1906, ma mi serve per esprimere la visione che io ho del “CONO“, terrificante e magica. Oggi tutti si dibattono nel cercare di vivere e far vivere questo elemento naturale come oggetto per rilanciare l’economia, anche la cultura alla sua ombra deve fruttare e sviluppare fatturato.
No, io lo voglio vedere con gli occhi di chi ignora tutto, ma che ricorda ancora di quando adolescente il Lunedì in Albis si partiva dal versante di Ottaviano per salire in cima e baciare la bocca.
In uno di questi viaggi fantastici fatto senza telefonino, senza scarpe da trekking, senza integratori portavamo un cane con noi, rigorosamente bastardo, che ad un certo punto non ce la faceva più, lo portammo in braccio a turno per non farlo stancare.
Dopo tanti anni vivo quell’esperienza come chi si unisce alla natura carnalmente, senza mediazioni.
Mi rendo conto di fare il falso moralista e esser il prototipo del perfetto ignorante, ma lungi da me essere e farlo, anzi voglio presentarmi come colui che si spoglia delle sue convinzioni e delle sue credenze, per porsi in ascolto di tutto ciò che lo circonda.

Autore

Andrea Tafuro

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