Storia

Anche i Romani amavano il pane

Scritto da Anna Paduano

Integrale, bianco, alto, basso, morbido, croccante, a filone, a pagnotta…e chi più ne ha più ne metta! Cos’è? E’ il nostro amico quotidiano, il più necessario e comune degli alimenti. Il pane>. Senza di lui, la cucina mediterranea sarebbe vuota, priva di sapore. Un elogio doveroso al più buono e allo stesso tempo più economico  e più antico alimento della nostra cucina. A parte questo, che tutti sappiamo, molte persone non sono a conoscenza di alcune “cosette”.

Tra i romani l’uso del pane si diffonde nel II sec.a.C. Prima di esso, la farina serviva a preparare la puls, ovvero una strana pappa di frumento. Da questo momento in poi, i Romani si innamorano del pane…ogni banchetto che si rispetti ha in esposizione sul tavolo un bel vassoio di pane. Gli scavi archeologici di Pompei testimoniano un numero considerevole di panifici. Ne sono stati individuati almeno 25! Tutti con forno a legna (simili a quelli attuali) e macine in pietra lavica. Tra i panifici individuati a Pompei, quello di un certo N. Popidius Priscus, il quale abitava nella casa accanto. Nella gestione del suo panificio si faceva aiutare da un liberto (schiavo). Vi erano un forno a legna e 4 macine, in pietra lavica, dura e porosa, erano costituite da un blocco conico (meta), fissato ad una base di muratura, su cui ruotava un elemento a forma di clessidra, il Catillus. Legato con una stanga ad un mulo, il Catillus veniva girato. Il grano veniva versato nel Catillus e triturato dallo sfregamento di due blocchi. In questo panificio manca il banco di vendita; è prebabile che vendesse all’ingrosso o per mezzo di ambulanti (lirarii).


Un altro noto panificio pompeiano è la casa del forno. Per lungo tempo, fu l’unico grande panificio pompeiano messo in luce a Pompei fra i 35 conosciuti, risalente anch’esso al II sec.a.C. La casa, in conseguenza alla ristrutturazione successiva al terremoto del 62 d.C, subì delle trasformazioni: il pianterreno diventò ambiente di produzione, la funzione residenziale si trasferì al primo piano, raggiungibile per la scala a destra dell’ingresso. Al momento dell’eruzione (79 d.C) sembra che i lavori non fossero stati più completati. L’hortus (giardino) accoglieva gli impianti per la macinazione del grano e per la lavorazione e la cottura del pane: i bacini per l’acqua, il forno coperto a volta, quattro macine in lava su basamento. Nel vano aperto a destra, su due sostegni in pietra, vi era la tavola su cui il pane riposava prima dell’infornata. L’ambiente a sinistra del Tablino (tra atrio e peristilio) era la cucina. Nella stalla, aperta sul giardino e sul cosiddetto “Vico di Modesto”, vi era un mangiatoio addossato al muro. Qui sembre sia stato rinvenuto lo scheletro di un mulo. Questo, dunque, era il procedimento base per creare un alimento unico, necessario e capace di sfamare con pochi soldi tutti, ricchi e poveri. Del resto non ci piove che, come è antico il pane, anche la fame lo è…uno dei linguaggi più antichi del Mondo!

Autore

Anna Paduano

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