Salute & Benessere

Psicosi aviaria : cosa c’e’ dietro?

Scritto da Nello Collaro

Gli italiani, più di tutti in Europa, temono il virus H5NI

Il Prof. Eugenio Del Toma ci aiuta a far chiarezza


A difesa dei polli nostrani sono scesi in campo tutti. Eminenti nutrizionisti, insigni veterinari, Autorità sanitarie, politici bi-partizan. Tutti a decantare le lodi dei nostri pennuti, messi al bando a causa di un’infezione virale che, partita dall’estremo oriente, ha sconvolto le nostre abitudini alimentari , mettendo in ginocchio l’economia di un intero settore.

Certo, i media ci aggiornano quotidianamente sul numero di morti causati dal famigerato virus H5NI, ai più noto come virus dell’influenza aviaria, che colpisce esclusivamente laddove le condizioni igieniche sono estremamente carenti e dove la promiscuità tra uomini e polli infetti è pratica comune.
Per non parlare della paura legata al fenomeno migratorio : in Europa, Italia compresa, non si contano più le carcasse di volatili ritrovati morti e, dalle analisi, risultati positivi al virus dell’ influenza aviaria.


E gli italiani, come hanno reagito?


In maniera sconsiderata ed ingiustificata! – , questo in sintesi il pensiero del Prof. Eugenio Del Toma, ordinario di Scienza dell’Alimentazione.
Abbiamo raccolto una sua esauriente dichiarazione , pubblicata da La Repubblica, e che dovrebbe contribuire a mitigare una psicosi che, evidentemente appare irragionevole. Al di la di ogni necessaria prudenza che il caso pure richiede .


Quando non erano ancora arrivati in Europa i primi volatili portatori di influenza aviaria – dichiara il Prof. Del Toma – ho scritto che mangiare uova ecarne di pollo non avrebbe rappresentato un pericolo per l’uomo, neanche nello sfortunato caso, perché altamente improbabile, che il virus venisse trasmesso dai migratori ai polli di allevamento.


Speravo che farmi portavoce del pensiero dei veri esperti del settore, virologi e veterinari, contribuisse a contenere la preoccupazione ed a prevenire un panico teoricamente ingiustificato.


Come tutti i virus, l ‘H5NI si inattiva già a temperature tra i 60-80° C . la cottura, in tutte le sue forme, supera di gran lunga questo valore e garantisce l’innocuità delle pietanze cucinate, perfino nell’ipotesi di casi sfuggiti alla sorveglianza veterinaria. Ipotesi che, almeno per ora, non riguarda l’ Italia, dove gli allevamenti industriali dei polli sono gestiti in maniera esemplare.


Ribadito il concetto che non esiste alcun rischio nel consumare carne cotta di pollame – continua il Prof. Del Toma – ricordo che il contagio può avvenire esclusivamente per via inalatoria, e non digestiva, mediante il contatto diretto con animali infetti ed il loro habitat.


Credo che tale atteggiamento abbia le sue radici nella modestia delle conoscenze scientifiche di base, nell’emotività che prevale sulla mentalità scientifica.
( … ) Il panico innescato dall’ipotesi , mai avallata dagli esperti , di un contagio tramite il consumo delle carni di pollo e delle uova, rimanda ai tempi degli untori i manzoniana memoria. Con la conseguenza che in Italia regna una psicosi che rischia di distruggere senza una documentata motivazione una delle poche realtà fiorenti di un Paese dall’ economia malata.


La carne di pollo, come qualsiasi altra – conclude il Prof. Del Toma – un alimento utile, anche se non assolutamente indispensabile alla completezza nutrizionale : dispiace, però, constatare che a privarsene siano, oltre che i vegetariani, coerenti con un loro stile di vita, anche i carnivori abituali, intimoriti e dissuasi da irrazionali fanatismi “.

Autore

Nello Collaro

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