Improvvise ed inspiegabili amnesie: spesso non è un problema … Anzi!
Le cause più comuni : stress e disattenzione
Il nome di una persona che conosciamo bene, un numero di telefono che abbiamo fatto mille volte, la data di nascita di nostro figlio. Come è possibile che capita di non ricordarli? Capita, capita.
Non ne facciamo sempre un dramma. Di persone preoccupate di aver perso o di essere sul punto di perdere la memoria ce ne sono molte. Sono problemi che possono capitare anche a persone giovani o relativamente giovani. L’esempio recente riguarda l’attore americano Gorge Clooney, che appena qualche mese fa, ha ammesso di soffrire periodicamente di amnesie. Per chi ne è “vittima” la preoccupazione è naturale : la memoria è uno dei maggiori patrimoni di cui un essere umano possa disporre. E’ archivio dei ricordi, è la storia di un uomo, la premessa per il suo avvenire, il segreto del suo passato.
La memoria è la capacità di rievocare informazioni arrivate al cervello attraverso i diversi canali di senso, o formate dal pensiero, e che vengono registrate, analizzate, organizzate e poi immagazzinate.
Ma perché a volte la memoria fa cilecca? Non lasciamoci prendere dal panico: non chiamiamo in causa immediatamente l’età, problemi particolari, l’Alzheimer, o altre malattie serie. Quasi sempre si tratta di banali difficoltà di rievocazione, che si risolvono da sole, e che non giustificano la soluzione di tappezzare di post-it casa, ufficio e altri luoghi che si è soliti frequentare.
Una delle cause responsabili di rievocare l’ informazione giusta al momento giusto è la scarsa attenzione: non si ricorda qualcosa quando si è distratti. Poi c’è lo stress: nel corso di un esame o di una importante riunione non affiora alla mente un nome o un dato, proprio quello che magari temevamo di non ricordare, e che, immancabilmente, compare quando ormai non serve più.
Più in generale la psicologia e la psicoanalisi, attribuiscono la perdita anche temporanea della memoria a una componente psichica: il nostro cervello tende a cancellare un ricordo sgradito, e che, come tale, potrebbe rivelarsi un fattore ansiogeno.
È questo un importantissimo e vitale meccanismo di difesa. Proteggersi per conservarsi, per evitare danni maggiori: c’è chi riesce, magari inconsapevolmente, a cancellare o ad attenuare nella sua memoria il ricordo di un episodio, di un momento, e anche di una persona, ricordo che se presente, lo sconvolgerebbe al punto da provocargli un trauma peggiore di quello vissuto realmente. Il cervello difende così l’integrità della mente da una minaccia che potrebbe rivelarsi grave, innescando una sorta di salvavita. E’ questo un meccanismo, non ancora del tutto chiarito, di cui è responsabile una serie di complesse reazioni chimiche che avvengono a livello delle sinapsi, che sono i punti in cui le cellule nervose comunicano tra di loro. Regolarmente, grazie a particolari reazioni chimiche , modulate da specifici mediatori chimici, i ricordi lasciano un’impronta nel cervello: tutto ciò avviene attraverso catene delicatissime che si possono interrompere in qualsiasi momento ed in in punto qualsiasi, e per i più svariati motivi. E’ così che scatta l’autodifesa. Gli archivi conservati nell’ippocampo, una piccola zona del cervello, vengono temporaneamente protetti con un “isolamento”. Ma se i motivi dell’interruzione sono gravi, solo allora possono verificarsi delle forme di amnesia non transitorie, e che per fortuna sono rare.
Di queste parleremo in un prossimo articolo.
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